Lo spettacolo è una rivisitazione della favola di Cappuccetto Rosso e parla di una bambina ingenua ed innocente, inghiottita da un lupo famelico, in un bosco misterioso rappresentato dalla selva oscura di Dante; metaforicamente indica l'ostacolo della vita, il fascino della trasgressione e della paura, la ricerca del piacere e la certezza della cattiveria dei lupi. Durante lo spettacolo ho provato stupore e interesse per quello che sono riusciti a fare i 13 detenuti. La favola è risultata valida perché rispecchia la società di oggi: i lupi sono i detenuti che vogliono mangiare la bambina e mostrano la loro rabbia e cattiveria, invece gli agnelli rappresentano le persone comuni che non mostrano la loro rabbia ma avrebbero mangiato la bambina ugualmente. La storia ci fa riflettere, ci invita a guardare in faccia le paure e le difficoltà nel crescere, mentre per i detenuti di essere consapevoli dell'avidità che li ha portati a non accontentarsi delle piccole quotidianità e quindi in molti casi a cercare nella criminalità quelle tinte forti di cui ne sentono la “fame”. In questo modo i carcerati rispecchiano loro stessi e raccontano la loro storia in modo indiretto, e fanno pensare alla vita che hanno dovuto o voluto fare.
Vedendo questa rappresentazione teatrale si provano tante emozioni, ma quella che prevale è sempre lo stupore per quei carcerati che sono riusciti a mettersi in gioco, nel lasciarsi alle spalle quello che hanno fatto e far capire a noi di non commettere reati ma apprezzare quello che si ha e affrontare sempre le difficoltà, con gli amici e la famiglia. In conclusione lo spettacolo è stato bello e utile, perché ha manifestato la necessità di trovare un significato al proprio agire invitando inoltre gli spettatori a guardare i fatti da diversi punti di vista. Per chi lo vuole c'è sempre una strada per uscire dalla selva oscura nonostante le ingannevoli seduzioni dei lupi.
OCCELLI LUCA 3°R